Effetti psicologici legati alla diffusione del Coronavirus in Italia: alcune riflessioni e indicazioni
La traumatizzazione psicologica in questi giorni è su due livelli: sia personale che indiretta nel rispecchiamento e nelle immagini che provengono dall’angoscia collettiva. In questi frangenti la “percezione del rischio” può essere distorta e amplificata sino a portare a condizioni di panico che non solo sono quasi sempre del tutto ingiustificate ma aumentano il rischio perché portano a comportamenti meno razionali e ad un abbassamento delle difese, anche biologiche, dell’organismo. In particolare quando il sistema nervoso autonomo è continuamente impegnato in attività difensive, come può accadere in situazioni traumatiche o di stress prolungato, viene infatti a mancare in modo cronico e potenzialmente dannoso per la nostra salute psico-fisica l’alternanza armonica tra carica e scarica dell’attivazione. La dinamica che si sta presentando in questi giorni è di un passaggio dal funzionamento che ha un ruolo protettivo di riduzione dell’arousal (che è una condizione temporanea del sistema nervoso, in risposta ad uno stimolo significativo e di intensità variabile, di un generale stato di eccitazione, caratterizzato da un maggiore stato attentivo-cognitivo di vigilanza e di pronta reazione agli stimoli esterni) e recupero della stabilità ad un sistema di Attacco e Fuga (es. supermercati con scaffali vuoti, negozi poco affollati, persone di origine cinese anche bambini che vengono isolate o addirittura maltrattate, ecc). In questa fase è essenziale un’adeguata psicoeducazione: 1) l’esposizione continua alla mole di informazioni via web, radio e TV fa rimanere in stato perennemente eccitatorio il nostro sistema di allerta e paura. Meglio, quindi, scegliere 2 notiziari o due momenti al giorno nei quali informarsi attivamente scegliendo fonti istituzionali per non incorrere in fake news o notizie emozionalmente cariche di vissuti ma non basate su dati oggettivi; 2) soffermarsi su informazioni scientificamente corrette e aggiornate, che attualmente sottolineano l’oggettiva bassa mortalità legata a soggetti con uno stato di salute già compromesso; 3) ricordare che l’eventuale esposizione al virus non è sinonimo di malattia, che la contagiosità non equivale alla reale pericolosità per la salute umana, che esistono indicazioni pratiche per ridurre il pericolo. Avere timori e paure è normale ma diventa controproducente cercare di placare l’ansia inseguendo informazioni spesso amplificate ed incontrollate che possono portare ad uno stato di ansia generalizzata, angoscia o panico. Un atteggiamento psicologico adeguato può aiutare non solo chi lo attua ma anche gli altri, innescando un circuito virtuoso e aumentando la resilienza ossia la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà da parte dei singoli, della famiglia e della comunità intera. Dott.ssa Luisa Fornari, Psicologa clinica, specialista in Psicoterapia, terapeuta EMDR
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